Di nuovo dovevo trasalire, non appena mettevo piede al Grand
Palais: ecco, dalla mano del vero gigante di tutta la pittura
moderna, una tela intitolata Rochers à Fontainebleau. In
una nota del catalogo vedo che il mio vecchio amico e
maestro Meyer Schapiro avverte, in questo olio di Cézanne,
come “un senso di catastrofe” e cita un brano
dell'Education sentimentale.
Provo a tradurre: “Il sentiero procede a zigzag tra i pini
tozzi, sotto rocce dal profilo spigoloso. Tutto quell'angolo
della foresta ha qualcosa di soffocante, di selvatico, e di
raccolto. La luce, attenuata in primo piano da una sorta di
crepuscolo, spargeva in lontananza dei vapori violacei, una
chiarità bianca. Le rocce finivano col riempire tutto il
paesaggio, cubiche come case, piatte come lastre,
puntellandosi, strapiombando l'una sull'altra,
confondendosi, simili alle rovine irriconoscibili e
mostruose di qualche città scomparsa. Ma la furia stessa del
loro caos fa pensare piuttosto a vulcani, a diluvi, ai grandi
cataclismi ignorati”.
Così Flaubert ha descritto le rocce di Fontainebleau una
trentina d'anni prima che Cézanne le dipingesse. Assurdo
pensare che Cézanne si ispirasse a Flaubert, anziché al
motivo (“au motif”, come diceva lui) che aveva davanti
agli occhi. Perciò si tratta, molto semplicemente e
profondamente, di una concordanza. Sì, Flaubert e Cézanne:
quale meravigliosa concordanza!Quanta fede ebbero, e l'uno e
l'altro, nella divinità del Vero!
[…]
Le mele di Cézanne: esiste, appunto con questo titolo, un saggio fondamentale di Meyer Schapiro. “Ciò che è maggiormente caratteristico di Courbet, Manet, Renoir e Monet, non lo ritroviamo nelle loro nature morte. Ma se non avessimo le nature morte di Cézanne, ci mancherebbe qualcosa di essenziale: tutta una gamma di colori e forme collegata a una creazione unica e originale di cose che possiamo toccare allungando una mano.”
[…]
Con una minuziosa e geniale ricerca filologica Schapiro ha spiegato il senso e l'importanza che ebbero per Cézanne le mele: come e perché Cézanne dedicò alle mele un'attenzione lunga come la sua vita.
[…]
Trahit sua quemque voluptas… Sempre la seconda egloga: Ognuno è trascinato da una sua voluttà.
Agosto 1978