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Una storia di amore e di tenebra / Amos Oz ; traduzione di Elena Loewenthal. - Milano : Feltrinelli, [2003]. - 627 p. ; 22 cm.. - (Narratori). - [ISBN] 88-07-01643-5

(Finito a Varigotti il 9 agosto 2016 alle 19).

1. Sono nato e cresciuto in un minuscolo appartamento al piano terra, forse trenta metri quadri sotto un soffitto basso: i miei genitori dormivano su un divano letto che la sera, quando s'apriva, occupava quasi tutta la stanza, da una parete all'altra.

2. In cima alla gerarchia dei valori a quel tempo c'erano i pionieri.

3. Riuscivo a scovare un po' dappertutto piccoli, svariati nunzi di quell'Europa che era la terra promessa.

4. Solo in casa, un giorno d'inverno, verso sera.

5. E allora, quanto c'è di autobiografico, nelle mie storie, e quanto di invenzione, invece?

6. Spesso i fatti insidiano la verità.

7. Sono passati quasi sessant'anni, ancora ricordo il suo odore: lo invoco, ed esso torna a me, un po' grezzo, un sentore impolverato eppure forte e gradevole, mi restituisce quel contatto con la fibra di iuta, e poi l'odore si mescola nella memoria alla consistenza della sua pelle, la folta chioma e i baffoni che mi solleticavano piacevolmente sulla guancia, come un giorno d'inverno trascorso in una vecchia cucina, calda e semibuia.

8. Ogni due, tre sabati, salivamo in pellegrinaggio a Talpiyot, al villaggio di zio Yosef e zia Zipporah.

9. Già all'ingresso mi cascava addosso un timore reverenziale, come se il cuore stesso smaniasse per levarsi le scarpe e camminare scalzo, in punta dei piedi, e respirare educatamente, con la bocca chiusa.

10. Dietro i vetri della credenza scura che stava in salotto c'erano esposti un servizio di porcellana con dei motivi floreali, dei vasi dal collo lungo, e oggetti di vetro, porcellana e cristallo d'ogni sorta, una collezione di vecchi candelabri di Channukah, piatti speciali per la festa di Pasqua.

11. Yosef Klausner era nato nel 1874 nella cittadina di Oulkeniki, Lituania, e morì a Gerusalemme nel 1958.

12. Qualche volta, dopo aver salutato lo zio Yosef e la zia Zipporah, se non era troppo tardi ci fermavamo una ventina di minuti, anche mezz'oretta, a casa del vicino di fronte.

13. A volte restavamo a dormire dai nonni.

14. Rabbi Alexander Ziskind di Horodino, defunto nell'anno 1794, è conosciuto dalla tradizione rabbinica con la formula Yosha, cioè le iniziali del suo famoso libro Fondamento e Radice del Lavoro.

15. Proprio a Odessa, quand'era ancora un giovanotto baffuto di diciassette anni, nonno si innamorò di una gran signora di nome Shlomit Levin, amante degli agi e ansiosa di frequentare l'alta società: sognava di diventare una gran dama, di accogliere nel suo salotto persone famose, di entrare in confidenza con artisti e di “vivere secondo uno stile culturale”.

16. Nonna Shlomit, dama di rango, amante dei libri e fine conoscitrice dell'animo di chi li scrive, trasformò la loro casa di Odessa in un salotto letterario – forse il primo salotto letterario in ebraico.

17. Nonna lanciò intorno a sé uno sguardo atterrito e sancì immediatamente il celebre verdetto, destinato a diventare il suo motto per i venticinque anni a venire, l'intera sua vita a Gerusalemme: il Levante è pieno di microbi.

18. Lui visse ancora vent'anni dal giorno in cui nonna Shlomit morì facendo il bagno nella vasca.

19. Nel 1845 arrivarono a Gerusalemme, allora sotto il governo turco-ottomano, il console inglese James Finn e la di lui consorte Elizabeth-Anne.

20. Ogni mattina Yehudah Arieh Klausner partiva con l'autobus della linea numero 9, dalla fermata in via Gheulla attraverso il quartiere bukharo, via Shemuel Ha Navi, via Shimon ha Tzaddik, il villaggio americano e il quartiere Sheikh Jarakh, diretto alla sede dell'università sul Monte Scopus, dove studiava per il suo dottorato: storia con il professor Richard Mikhael Kavner cui non era mai passato per la testa di imparare l'ebraico, lingue semitiche con il professor Chayyim Yaakov Polotzky, Bibbia con il professor Umberto Moshe David Cassuto, e letteratura ebraica con lo zio Yosef, cioè il professor dottor Yosef Klausner, propugnatore di “Giudaismo e Umanesimo”.

21. Tre seggiole di paglia intrecciata stavano intorno al nostro tavolo della cucina, sempre coperto con una tela cerata a fiori.

22. La città di Rovno, un importante nodo ferroviario, si sviluppò intorno al castello e ai giardini dei principi Lyubomirsky.

23. Ricordo che discutevamo a lungo, con le nostre amiche, con i ragazzi, con gli insegnanti al liceo e anche a casa, fra noi, di argomenti quali la giustizia, il destino, la bellezza, Dio…

24. Intorno al giardino avevamo uno steccato che una volta all'anno, in primavera, veniva ridipinto tutto di bianco.

25. Menachem Gelerter, autore dello studio sul liceo Tarbut di Rovno, menziona un insegnante di Bibbia, di letteratura e storia del popolo ebraico.

26. Sulle orme della sorella maggiore Haya, nel 1931 anche Fania – che aveva allora diciotto anni – fu mandata a studiare all'Università di Praga, dal momento che gli istituti polacchi erano preclusi agli ebrei.

27. A Rovno Fania aveva un amico, un corteggiatore, un laureato, un ragazzo delicato e profondo, si chiamava Tarla, o Tarlo.

28. Che cosa mangiavano gli shkenaziti poveri a Gerusalemme negli anni quaranta?

29. Una ventina di anni dopo, il 28 luglio 1971, qualche settimana dopo la pubblicazione del mio libro, Fino a morte, ricevetti una lettera da questa amica di mia madre, che allora era ormai sulla sessantina:

30. Con che cosa comincia la mia memoria?

31. Dal quartiere di Kerem Abraham si poteva arrivare al mondo, quello vero, con l'autobus numero 3A, che fermava in via Sofonia, vicino all'asilo della signora Hasia, o anche con la linea 3B, che fermava all'altro capo di via Amos, in via Gheulla angolo via Malachia.

32. Il giardino non era propriamente un giardino, ma solo un modesto riquadro di terra calpestata e compressa.

33. Verso sera, d'estate.

34. Mio padre aveva un debole per il sublime, mia madre invece propendeva per la malinconia della rassegnazione e la nostalgia.

35. In fondo ero un bambino molto comodo: ubbidiente, diligente, inconsapevolmente eppure assolutamente rispettoso della gerarchia sociale in vigore (mamma e io subordinati a papà, papà a mangiare polvere sulle orme dello zio Yosef, e lo zio Yosef dal canto suo – malgrado la dichiarata opposizione – che obbediva come tutti a Ben Gurion e alle istituzioni ufficiali).

36. Tutto quello che la vita non concesse loro, tutto ciò cui non arrivarono, i miei genitori lo caricarono sulle mie spalle.

37. Nello stabile sulla discesa di via Zaccaria c'erano quattro appartamenti.

38. Terminata la prima, passai di colpo dalla tutela esuberante della maestra Isabela e dei suoi gatti sotto l'ala fredda e taciturna della maestra Zelda della seconda (niente più gatti e una specie di luce rara, cinerina che l'avvolgeva tutta e s'irradiava e subito m'avvinse).

39. Dopo una trentina d'anni, nel 1976, mi invitarono per due mesi a Gerusalemme in veste di visiting professor all'Università ebraica.

40. Ogni mattina, un poco prima o appena dopo che il sole è spuntato, vado a vedere che cosa c'è di nuovo nel deserto.

41. Fino a quella mattina non l'avevo mai vista, in vita mia, una casa così.

42. Lì, sotto il pergolato, c'era un gruppetto di ragazze intorno ai quindici anni.

43. “Toh, guarda, il nostro stratega in erba ci ha di nuovo conquistato tutta la casa: in corridoio non si può più passare, è tutto pieno di fortezze e torri di dadi, postazioni di domino, mine di tappi di bottiglia e confini di stecchi dello Shangai. […]”.

44. Nel settembre e nell'ottobre del 1947 i giornali si riempirono di congetture, analisi, ipotesi e valutazioni: la proposta di spartizione sarebbe o meno stata presentata all'Assemblea generale dell'Onu?

45. Durante la cena papà mi spiegò che all'Assemblea generale dell'Onu, che si sarebbe svolta il 29 novembre a Lake Success, vicino a New York, era richiesta una maggioranza di non meno dei due terzi, perché venisse approvata la proposta della maggioranza dei membri dell'UNSCOP di avere nei territori del mandato britannico due stati indipendenti, uno ebraico e uno arabo.

46. Molti anni dopo di allora ho scoperto che una donna che conoscevo sin da bambino, la signora Abramsky, Tserta, la moglie di Yaakov David Abramsky (entrambi erano di casa da noi), in quei giorni teneva un diario.

47. Due missionarie finlandesi abitavano in un appartamento in fondo a via Ha Turim, nel quartiere di Mekhor Baruch: Eili Havas e Rauha Moisio.

Cita per la secondo volta il passaggio famoso di Geremia 17,9: «Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, è incurabile, chi lo può conoscere?»

48. Nell'inverno fra il '48 e il '49 quella guerra finì.

49. Vicini di casa e amici tornarono a ritrovarsi le sere d'estate nel nostro piccolo cortile, intorno a una tazza di tè e una fetta di torta, conversando di politica e questioni intellettuali.

50. All'inizio papà si ritirò nella piccola cucina: la sera provava a leggere lì, oppure apriva libri e schede sulla cerata sopra il tavolo traballante e tentava di lavorare un poco.

51. Di tanto in tanto i miei genitori mi portavano con loro quando andavano “in città”, cioè in via King George o in via Ben Yehudah, in uno dei tre o quattro rinomati caffè che forse in qualcosa ricordavano loro quelli della Mitteleuropa fra le due guerre: qui erano a disposizione i quotidiani in ebraico e in lingua straniera, sorretti da lunghi bastoni, oltre a una selezione di riviste, settimanali e mensili in diverse lingue.

Professor Samuel Hugo Bergman e incontri da lui, con discussioni sull'aldilà.

Gershom Scholem è spiarato questa notte. Ora sa.

52. Nel 1949, pochi mesi dopo la fine della guerra e dell'assedio alla Gerusalemme ebraica, andai a trovare insieme a mio padre e a Yaakov David Abramsky lo scrittore Yehoshua Heschel Yevin.

A p.511 la spiegazione della foto di Ghirri in copertina: «Mia madre era già lontana, allora. Ormai, ci voltava la schiena.»

53. Pochi anni dopo quella conversazione notturna, otto forse nove anni dopo quella mattina in cui Menachem Begin e il suo fronte mi avevano perduto per strada nella sala dell'Edison, conobbi David Ben Gurion.

54. Nell'autunno del 1951 lo stato di mia madre peggiorò nuovamente.

55. Nella raccolta di poesie di Zeev Jabotinsky, dopo Col sangue e col sudore/risorgerà la nostra stirpe, dopo Le due rive del Giordano e Dal giorno in cui sono stato chiamato al prodigio/di Betar e Sion e Sinai, compaiono anche le sue melodiche traduzioni di poesie straniere, quali Il corvo e Annabel Lee di Edgar Allan Poe, e La Principessa lontana di Edmond Rostand, e la straziante Poesia d'autunno di Paul Verlaine.

56. Lo uccisi soprattutto cambiando nome.

57. Alla fine di quell'estate mutai il mio nome e mi trasferii con il mio borsone da Sde Nechemia a Hulda, dapprima come studente esterno, con trattamento da convitto, al liceo locale (che, per modestia financo eccessiva, si definiva “classi di proseguimento”).

58. Quando abbandonai casa per andare a vivere in kibbutz, avevo quindici anni allora, annotai su un foglietto alcune decisioni cruciali che mi imposi come una sorta di esame in cui non potevo permettermi di fallire: se ero davvero capace di iniziare una nuova vita, allora dovevo cominciare riuscendo ad abbronzarmi entro due settimane, diventando nell'aspetto uguale a loro; dovevo smettere una volta per tutte di sognare a occhi aperti, cambiare il mio cognome, fare la doccia con acqua fredda due o tre volte al giorno, vincere e debellare definitivamente, senza mezzi termini, mie bassezze notturne, non scrivere più poesie, piantarla di blaterare tutti il giorno, e di raccontare a tutti le mie storie, e invece apparire come una persona molto taciturna.

59. Al kibbutz Hulda c'era una maestra d'asilo, o forse insegnava in prima elementare, la chiamerò Orna, una maestra esterna al kibbutz che avrà avuto trentacinque anni, e abitava nell'ultima stanza in una delle ale [sic, Dizionario Treccani: ala (ant. àlia) s. f. [lat. ala] (pl. ali, ant. o poet. ale, ant. àlie).] vecchie dei caseggiati.

60. Una settimana prima di morire, mia madre improvvisamente stette meglio.

61. Arrivai a Hulda che avevo quindici anni, circa due dopo la morte di mia madre: viso pallido fra le abbronzature, smunto quarto di pollo fra giovanotti corpacciuti e ben piantati, infaticabile parlantina tra i taciturni, versificatore fra coltivatori, stallieri e trattoristi.

62. Trentotto anni aveva mia madre quando morì. Alla mia età di adesso, potrei esserle padre.

63. Mia madre mise fine alla sua vita a casa di sua sorella in via Ben Yehudah a Tel Aviv nella notte fra sabato e domenica, il 6 gennaio 1952, l'8 del mese ebraico di Tevet dell'anno 5712.

amos_oz.txt · Last modified: 2019/09/25 12:03 by francesco