Oggi, 30 ottobre 2013, ho incontrato Michele in rue de l'Abbaye a gli ho fatto i complimenti per il libro. Purtroppo l'ho letto la scorsa estate e non ricordavo più con precisione i dettagli. Me ne ha regalata una seconda copia, per la biblioteca.
Quelle che seguono sono le mie note estive.
Il libro è ambizioso e presenta molteplici livelli di lettura. La grande cultura dell'autore, per fortuna, non viene mai a rovinare il piacere della lettura. Flusso di lettura: il libro è diviso in 18 capitoli a loro volta suddivisi in molti paragrafi.
Una persona che ha scrutato la città in cui vive da molti anni e ancora più le persone che ha avuto modo d'incontrarvi. Ce li restituisce (/rende) in numerosi, bellissimi ritratti.
Metamorfosi e reincarnazioni: Balzac / Delacroix / Giacobbe. Mitologia greca, ebraica ma non solo.
In diversi punti del libro si trovano dichiarazioni di poetica dell'autore. Per esempio, a pag. 134: “Lo scrittore non deve forse saper sospendere ogni giudizio per accedere alla realtà più profonda dei soggetti che incontra durante il suo cammino, dai più nobili ai più perfidi, senza inquinare la sua limpida e fraterna visione del mondo con la minima ombra di moralità?”. A pag. 180 dichiara che il proprio dello scrittore è “raccontare storie”. Le pagine dalla 275 alla 280 sono una lunga riflessione di poetica, che si conclude “il libro era la somma, in forma di parole, di tutte le vite che noi avevamo vissuto, conosciuto e attraversato, nostre e non più nostre, loro e non più loro, vite che formano il tessuto più intimo e immediato della nostra esperienza.”
Originalità: dissociare il terrorismo dall'ideologia, ma cercare piuttosto la sua origine nel “sentimento di immortalità” che il potere di vita e di morte dona a chi lo esercita. (pag. 180)
“Veniamo da lontano, ma abitiamo vicino” (p. 216)
Le note sono sempre sarcastiche?
La fine torna all'inizio.