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ferdinando_camon

Un altare per la madre / Ferdinando Camon ; prefazione di Giuseppe Leonelli. - Torino : UTET, [2007]. - XIX, 120 p. ; 18 cm. - (Premio strega). - Sul front.: Premio Strega 1978. - [ISBN] 88-02-07588-3.

1
Davanti alla chiesa si era formata una piccola folla, ragazzi, donne e uomini di tutte le età, che si andavano raggruppando secondo i gradi di parentela o secondo il caso: bastava che uno dicesse una parola e un altro rispondesse perché tra loro due si facessero compagnia. Io mi sono ritrovato solo e ultimo.

2
Il giorno dopo tornai per fare compagnia al padre.

3
Quando stavo per partire, mio fratello mi mise in mano il mazzetto di fotografie.

4
Sabato ritorno nel negozio e aspetto il mio turno.

5
Trovo mio padre che torna verso casa, è stato a lavorare ma ha smesso prima del solito.

6
Ho passato qualche giorno in città, dormendo nella mia casa, e guardando attraverso le finestre la gente, cercando qualcosa che non sapevo.

7
Son tornato dai miei ma non ho trovato in casa nessuno, la casa era spalancata e deserta.

8
Certi giorni tornava così tardi e così stanca che non aveva tempo né forza per far da mangiare.

9
Quando nostro padre era soldato, alla sera ci sentivamo soli.

10
Durante la guerra, lei faceva delle focacce senza lievito, più le cuoceva più diventavano dure: era come ingoiar sassi.

11
C'era poco da mangiare e da bere, gli uomini adulti erano in Grecia, Albania, Jugoslavia, in Africa e in Russia, nei paesi erano rimasti soltanto ragazzi, donne e vecchi.

12
Da piccolo sentii un bambino che diceva alla madre: «Lavami ma non bagnarmi.»
Un uomo stava per uccidere un cane e suo figlio lo pregava: «Uccidilo ma non fargli male.» Qui c'è qualcosa che devo imparare.

Un bambino giocava con altri a nascondersi. Chiudeva gli occhi e credeva così di non essere visto. Qui c'è qualcosa che devo evitare.

13
Gli operai si alzano alle sette, i contadini alle cinque.

[…]

Mi pare che canti sottovoce, ma non sono sicuro. Forse è leggermente impazzito, o forse ha accettato la morte. E forse queste due cose sono la stessa cosa. Non si può pensare a lungo alla morte senza impazzire un poco. Dunque siamo tutti un poco pazzi. Questa leggera pazzia è la normalità, chi non ce l'ha non è normale.

[…]

Eppure era un italiano, abitava in un paese vicino, aveva saputo che la signora era morta ed era venuto a portare la sua testimonianza. Si usa così da sempre, per giorni non si parla che del morto, che quindi non è mai stato così vivo.

14
Una volta venne un ufficiale straniero in divisa, con una macchina piena di vestiti già confezionati, e un interprete.

15
Mi telefonano dei frati missionari, mi domandano se mi è possibile contribuire al battesimo di una bambina nata lo stesso giorno che è morta mia madre, e darle lo stesso nome di mia madre.

16
Dove mia madre ha salvato la vita allo straniero, una volta ci doveva essere una costruzione pubblica, perché quel suolo, in mezzo all'incrocio di due strade, appartiene al comune.

[…]

invece di una fotografia del momento in cui salva lo straniero, avremo questo monumento, che è qualche cosa di infinitamente più chiaro, e più nostro.

[…]

Ci vorrebbero delle parole sopra la porta, che ricordassero il nome della donna, la sua vita. Ma il padre si oppone: niente parole. Perché se si scrivessero parole bisognerebbe scriverle in italiano, e questo sarebbe un tradimento. La cosa migliore è spiegare tutto a chi lo chiede, parlando: la parole parlate sono come l'aria, che non sporca anzi spazza via.

17
Fra due settimane ci sarà la processione per le campagne.

18
La mattina dopo, all'alba presto, il padre ha la febbre.

[…]

Tutto ciò che fa è un regalo che riceve. Noi non conosciamo cosa sia la morte. Ci terrorizza finché non c'è, come ogni mistero. Ciò che è misterioso è nostro nemico. Man mano che si rivela, il terrore svanisce, si fa la luce, la mente vi penetra, si accorge che anche quello spazio buio è visibile: la morte non c'è, è una parte della vita.

[…]

Ma ciò che lui sta facendo, l'altare, non apparteneva solo ai viventi, apparteneva soprattutto ai morti: era un ponte fra di qua e di là. La morte è tante cose: silenzio di una voce, separazione per sempre, distanza senza fine. L'altare è una voce, è un ponte, è una vicinanza. Ci sono dei modi per vincere la morte, ogni specie vivente ne ha uno, dalla cicala all'uomo. L'uomo ha il mezzo più semplice: non uccidere. Chi non uccide non morirà. La morte è una scelta: bastanon sceglierla. È un atto di volontà: basta non volerla. Un uomo è appoggiato al muro, altri uomini gli sparano: questi hanno scelto la morte e stanno morendo, quello vivrà in eterno. Come è chiaro tutto ciò, e come è strano che occorra la morte per pensarci. Si dice che la morte rovini la vita: al contrario, la salva. La vita ha un errore, tranne quella dei santi: comincia con una nascita, e vive nell'illusione che la nascita si ripeta infinitamente. Poi viene la morte, tutto risulta sbagliato, ma non c'è più tempo per correggere niente. Solo la vita che non ignori la morte non ti rinnegherà.

[…]

Adesso faceva un altare. Non c'era possibilità di confronto fra quello che faceva adesso e quello che aveva fatto finora. Non che avesse fatto cose ingiuste. Ma erano cose inconsistenti sul piano della verità: solo chi ha presente che esiste la morte procede nella verità, gli altri agiscono sempre con una riserva mentale, hanno paura della morte e allora non ci pensano, come se non ci fosse. Le cose che fanno possono essere belle, intelligenti, grandiose. Non vere, che è molto di più.

19
Quello che successe dopo ci è noto, a noi familiari, soltanto in pochi episodi.

20
La processione arriva alle 10, si sentono i canti e il trapestio dei passi, l'altare non c'è, il capitello è vuoto.

21 L'altare così costruito e inaugurato rimase nel capitello per mesi, e fu completamente inutile.


Ho deciso di leggere il libro dopo aver letto questa intervista: http://www.doppiozero.com/materiali/intervista-ferdinando-camon

ferdinando_camon.txt · Last modified: 2016/09/11 13:22 by francesco